01 Lug Sonnambulismo: cinque cose da sapere
Il sonnambulismo è un disturbo del sonno frequente soprattutto in età pediatrica, caratterizzato da comportamenti che la persona compie con modalità simili alla veglia, ma senza conservarne memoria al mattino. Riassumiamo in cinque punti le sue caratteristiche principali.
1) È caratterizzato da comportamenti indesiderati durante il sonno profondo
Questo fenomeno insorge durante uno stadio specifico del sonno profondo, detto “a onde lente”: da recenti studi, sembra che si verifichi una desincronizzazione tra alcune aree del cervello, alcune delle quali risultano addormentate, mentre altre agiscono come da sveglie. La causa è ignota, ma giocano un ruolo fattori ambientali (come lo stress psicofisico) e genetici (spesso i casi si ripetono all’interno della stessa famiglia). È una condizione piuttosto diffusa, prevalente in età infantile e tendente a scomparire durante l’adolescenza: si stima che ne sia colpito fino al 15% dei bambini e il 2-4% degli adulti.
2) I comportamenti somigliano a quelli di una persona sveglia
L’individuo può avere gli occhi aperti o chiusi, parlare in maniera più o meno comprensibile, svolgere attività semplici o complesse, che possono essere routinarie oppure bizzarre, talvolta pericolose per sé o per gli altri. Tuttavia, se interrogato, è disorientato e confuso, a volte emotivamente inappropriato, e spesso insensibile al dolore; di norma, al risveglio non ricorda o conserva memoria solo parziale degli eventi notturni, ma testimonia le conseguenze dell’esperienza (lividi o ferite, disordine domestico). Gli episodi durano solitamente pochi minuti, ma in alcuni casi possono persistere per diverse ore. Spesso, l’attività diurna è caratterizzata da una sonnolenza che la persona non sa spiegare.
3) Va differenziato da alcune condizioni con caratteristiche simili
Il sonnambulismo non va confuso con alcuni tipi di epilessia (in cui la persona può eseguire movimenti stereotipati), stati di shock post-traumatico (episodi di agitazione che possono verificarsi in tutti gli stadi del sonno), disturbi comportamentali del sonno REM (dovuti alla perdita della normale immobilità corporea durante il riposo), disturbi psichiatrici o effetti indesiderati di alcune classi di farmaci (tra cui i sedativi-ipnotici).
4) È una condizione spesso sottovalutata perché non riconosciuta
Spesso, le persone affette da sonnambulismo non cercano aiuto medico fino al momento in cui temono di danneggiare se stesse o gli altri. Per effettuare la diagnosi, è fondamentale raccogliere (soprattutto dai testimoni) una storia clinica dettagliata. Gli adulti, nei casi dubbi, possono sottoporsi ad una o più sedute di sonno video-monitorizzato, che può aiutare a riconoscere eventuali fattori scatenanti (come rumori o alterazioni respiratorie) o ad individuare cause alternative.
5) Il trattamento dipende dalla gravità e dalla frequenza del disturbo
Non si può cambiare la predisposizione genetica, ma si possono ridurre tutti quei fattori ambientali che facilitano il fenomeno, come le situazioni di stress, la deprivazione di sonno, la temperatura elevata, i rumori notturni o l’assunzione di alcolici. È inoltre consigliabile adottare alcuni accorgimenti per ridurre la pericolosità dei comportamenti attuati: chiudere porte, finestre e serrande, evitare di dormire in un letto rialzato, lasciare una luce accesa. Durante un episodio, non bisognerebbe cercare di trattenere l’individuo, ma parlargli dolcemente chiedendogli di ritornare nel letto. Non esistono terapia validate, sebbene alcuni benefici siano stati rilevati con l’utilizzo di alcuni farmaci (come clonazepam o gabapentin).